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La Battaglia di Montecassino: l’esodo, il dramma della popolazione civile

Il saggio sullo sfollamento dei civili nell’area del cassinate è tratto dalla relazione “Esodo, il Dramma della Popolazione civile”, presentata dall’autore il 20 maggio 2019 al Convegno di Studi “La Battaglia di Montecassino. 75 anni di pace nella terra di San Benedetto”, presso la Sala capitolare del Senato organizzato dalla Fondazione Levi Pelloni.

Gli storici hanno dedicato pochissimo spazio al dramma della popolazione civile nell’area del cassinate, ma lo sconvolgimento determinato dalle battaglie non è stato solo nel tessuto urbanistico completamente devastato – solo se si considerano i bombardamenti di Montecassino, Cassino e dei paesi del territorio – ma anche nella vita sociale ed economica del territorio.

Il dramma dello sfollamento della popolazione del cassinate è stato ignorato e dimenticato dagli storici e la memoria è stata alimentata esclusivamente da diari, da opere di memorialistica, iniziative delle associazioni e monografie di storici locali. I protagonisti dimenticati della guerra sono i civili: le donne, i bambini gli anziani che erano stati costretti ad abbandonare le loro case e i loro averi, che si dispersero sui monti circostanti o conosceranno l’esodo nelle terre del nord o nei tristi centri di raccolta degli sfollati di Roma.

Il bombardamento dell’Aeroporto di Aquino del 19 luglio 1943

Il territorio del cassinate fu coinvolto direttamente nel conflitto bellico già mesi prima dell’avvicinarsi del fronte, quando la sera de 19 luglio 1943, gli Alleati bombardarono il piccolo aeroporto di Aquino, importante scalo militare utilizzato dell’aviazione tedesca. Dopo aver bombardato pesantemente il quartiere San Lorenzo di Roma la mattina del 19 luglio, alle 23.30 i bombardieri colpirono l’aeroporto di Aquino con l’intento di distruggerlo. L’attacco proseguì il 20 e 23 luglio provocando molti danni e vittime anche nella vicino Piedimonte San Germano, una cittadina arroccata sulla collina rocciosa che sarà fortificata e diventerà il baluardo della Linea Hitler.

Un testimone dell’epoca, Raffaele Nardoianni, nelle sue memorie scrisse: «Centinaia e centinaia di bombe e di spezzoni incendiari vennero sganciati esplodendo con un fragore orribile da farci sembrare di morire da un momento all’altro».

Il primo bombardamento di Cassino del 10 settembre 1943

Era il preludio di un lungo periodo di dolore e sofferenza per l’intero territorio.
Dopo l’annuncio dell’armistizio con gli angloamericani e lo sbarco di Salerno, i tedeschi stavano predisponendo misure difensiva nella città di Cassino. Già il 9 settembre le truppe tedesche militarizzarono la città e le contrade circostanti. Occuparono una scuola, il liceo classico dove fu collocato il Comando generale e requisirono le altre strutture scolastiche occupando anche la stazione ferroviaria, essenziale per il trasporto di materiale bellico e alimentare.

La mattina del 10 settembre alle 10.30 gli angloamericani bombardarono la città nel tentativo di colpire il Comando tedesco e la stazione ferroviaria, gli obiettivi non furono centrati ma furono distrutte diverse abitazioni della città. Il bilancio fu molto grave: centinaia di feriti e circa cento morti, di cui una quarantina non furono identificati.

Dopo il bombardamento del 10 settembre e dopo la militarizzazione della città, moltissime famiglie di Cassino abbandonarono le case del centro e si rifugiarono nelle campagne, nelle contrade o nei paesi circostanti.

Gli Alleati bombardavano incessantemente nel tentativo di colpire le postazioni ed i punti strategici: ponti, aeroporti, stazioni ferroviarie, impedivano i collegamenti con il fronte allo scopo di isolare la capitale dai rifornimenti. Bombardamenti che aumentavano d’intensità dopo lo sbarco di Anzio del gennaio 1944, e la fortificazione di una nuova linea difensiva la Linea Hitler dal novembre 1943.

I ricognitori scattavano le foto e gli interpreti fotografici delle Forze aeree individuavano i punti da colpire. Da settembre 1943 i bombardamenti erano continui, Frosinone fu bombardata pesantemente, l’11 e il 12 settembre fu colpita la stazione ferroviaria ma anche il centro storico e l’ospedale, ci furono diverse vittime. Pur essendo distante dal fronte di Cassino, Frosinone subì tantissimi bombardamenti.

I bombardieri puntano scali ferroviari, strade e ponti, obiettivo: Pontecorvo e Roccasecca

 

 

Pontecorvo, il ponte sul fiume Liri danneggiato dai bombardamenti del 1 Novembre 1943. (Fonte: Bundesarchiv)

Nell’entroterra del fronte di Cassino fu individuata e colpita Roccasecca, il 23 ottobre fu bombardata la stazione ferroviaria.
Roccasecca aveva un ruolo strategico di primo piano poiché è uno scalo ferroviario importante sulla linea Roma-Napoli ed ha un diramazione ferroviaria verso l’Abruzzo, c’ è una strada chiamata “Tracciolino” che la collega con la Valle di Comino. Inoltre essendo nelle retrovie del fronte i tedeschi utilizzavano questo territorio per questioni logistiche, installavano cucine da campo gestite da soldati ucraini che combattevano nell’esercito tedesco.

Il primo novembre 1943 i bombardieri puntarono su Pontecorvo con l’obiettivo di distruggere il ponte sul fiume Liri, le bombe caddero sull’abitato e sulla cattedrale, dopo poco le ore 10.00 proprio nel momento della funzione religiosa, fu distrutta la cupola e l’altare maggiore. Morirono molti civili, anche due sacerdoti. La cittadina fu distrutta, si stimano circa 400 morti. I bombardamenti continuarono nel mese di novembre (7 e 19) sei a dicembre, in totale ventuno bombardamenti fino al 21 maggio 1944.

I civili vivono nel terrore e nell’angoscia dei rastrellamenti e delle requisizioni dei tedeschi

Quindi già prima dell’apertura del fronte di Cassino la popolazione locale viveva nel terrore. Donne, bambini e anziani vivevano in condizioni disperate sotto i continui e massicci colpi dell’aviazione alleata, in un territorio occupato militarmente dai tedeschi che ne avevano disposto l’evacuazione e che avevano requisito gli animali, le scorte alimentari e obbligati gli uomini al lavoro per fortificare le linee difensive.
I ceti rurali avvertivano l’angoscia e la preoccupazione per la requisizione degli animali. “Per il contadino staccarsi dalla terra, dagli animali, dalla casa, significava perdere contatti con i mezzi di sussistenza”, scrive lo storico abbruzzese Costantino Felice.

In molti casi c’era una certa resistenza da parte dei contadini alle requisizioni del bestiame e scoppiavano delle liti che sfociavano poi in atti di violenza e in tantissimi casi si registravano vittime tra i civili. I soldati tedeschi quando non riuscivano ad ottenere ciò che volevano ritornavano con i rinforzi e uccidevano i civili. Nel territorio a ridosso della Linea Gustav ed in generale nella provincia di Frosinone sono tantissime le vittime civili che si ribellano alle requisizioni e ai rastrellamenti. Ci sono tanti casi isolati, soprattutto nelle campagne che non sono stati oggetti di indagini ma considerati rappresaglia. Ma nell’analisi complessiva dei casi emerge un quadro molto diverso da quello del buon comportamento dei tedeschi descritto dalle testimonianze dei civili e dalla memoria pubblica, a differenza di quanto invece emerge dal comportamento in Campania e successivamente Toscana, Emilia Romagna.

Sfollati da Cassino sulla strada per Acquafondata

L’esodo: la popolazione locale viene sfollata

L’avvicinarsi della guerra sul fronte di Cassino e la costruzione delle linee difensive da parte dei tedeschi sul territorio, portarono ad un graduale sfollamento coattivo della popolazione civile non solo di Cassino ma di tutti i Comuni a ridosso della Linea Gustav e Hitler. Lo sfollamento è un sgombro degli abitanti può essere coattivo, deciso da un’autorità pubblica o un’evacuazione spontanea causata dalla necessità di sottrarsi agli eventi bellici. Nel territorio del cassinate avviene esattamente nelle due direzioni. Il primo sfollamento spontaneo avviene dopo il primo bombardamento della città di Cassino del 10 settembre 1943, poi seguiranno altri sfollamenti volontari dei paesi a ridosso della Linea Gustav soprattutto in Val di Comino.

Allo sfollamento volontario seguì presto quello coattivo imposto dal comando tedesco. Vennero individuati quattro centri di raccolta: Alatri, Ceprano, Ferentino, e Priverno. I quattro centri permettevano di collegare il territorio a Roma attraverso la ferrovia e le strade.
Il piano di sfollamento era stato concordato tra il Comando tedesco ed il capo della Provincia di Frosinone, Arturo Rocchi e prevedeva il graduale spostamento della popolazione civile dell’area del fronte di Cassino verso i tre centri di raccolta di sfollati a Ceprano, Ferentino e Alatri e poi trasferimento al nord con i treni. Il piano prevedeva il trasporto da parte dei tedeschi e la gestione da parte degli italiani.
Il piano naufragò poiché i continui bombardamenti avevano creato difficoltà negli spostamenti, c’era carenza di carburante, mancanza di approvvigionamenti per i centri di raccolta e carenze di strutture da destinare agli sfollati. Inizialmente partivano mille persone dalla stazione di Ferentino.
La popolazione locale veniva concentrata nelle piazze principali dei paesi e costretta ad abbandonare le proprie case, avevano pochissimo tempo a disposizione per prendere le proprie cose, erano obbligati a salire sui camion tedeschi verso i luoghi di raccolta. Molti riuscivano a scappare sulle montagne ed evitare il rastrellamento.
Ordine di sfollamento per Coreno Ausonio 18 ottobre 1943, Piedimonte San Germano 27 novembre. Alla fine di dicembre sfollamento coattivo ad Esperia, 10 gennaio 1944 Sant’Elia Fiumerapido.
Il 23 gennaio 1944 fu dato l’ordine di evacuazione generale per i centri abitati di Atina, Villa Latina, Belmonte Castello e Picinisco.
Le famiglie venivano smembrate, caricate sui camion, portate nei centri di accoglienza e  condotte al nord. I civili venivano ammassati sui camion in condizioni disperate, affamati, vestiti con stracci, molti scappavano e si disperdevano sulle montagne circostanti.

«La piazza Vittorio Veneto sembrava una bolgia infernale, dove il pianto sommesso si univa agli urli accorati e dove le invocazioni degli infelici venivano sopraffatte dalle bestemmie di quegli sgherri. Appena i primi torpedoni, stracarichi di quella povera gente , si misero in partenza, un clamore si levó fino al cielo. Era il clamore di quelli che partivano e di quelli che restavano ancora fermi lì, nella piazza, o sugli autocarri. Grida di addio si udivano fortissime, grida che superavano il rombo stesso dei motori. Tutti, vecchi, e giovani, donne e bambini , ricchi e poveri, piangevano disperatamente», scriveva nelle memorie Raffaele Nardoianni nel suo libro Piedimonte San Germano nella voragine di Cassino. (Associazione Antares 2004)
Gli sfollati che vivevano a ridosso della Linea Gustav sulle montagne vivevano nelle grotte, ce ne sono molte in questo tratto appenninico, vivevano sotto le bombe, senza cibo ed in condizioni sanitarie precarie. Molti in preda alla disperazione tentarono il riparo nell’Abbazia di Montecassino.

Gli sfollati si rifugiano nell’Abbazia di Montecassino

Il 5 febbraio 1944 nel diario di Grossetti e Matronola, Il Bombardamento di Montecassino si registra “ Alcune decine di donne sono venute a bussare al portone di giù: piangendo imploravano asilo e anche minacciando. Il Padre Abate per salvare vite umane ha fatto aprire loro. Ma dietro di loro si è riversata una quantità enorme di gente” . Nella disperazione si rifugiano in un luogo che loro pensano sia sicuro ma in realtà non lo era come avevano avvertito i monaci stessi. Il 15 febbraio quei civili si ritrovarono nell’Abbazia e subirono il terribile bombardamento. Fernando De Rosa, uno dei sopravvissuti scrisse “c’era solo una montagna bianca di calcinacci: colonne, pietre,… si sentivano grida dappertutto…” La gente gridava ognuno si abbracciava all’altro..” Mario Forlino, un altro sopravvissuto, racconta che era insieme a 300 persone “ho incontrato morti che ho scavalcato”. Quando i sopravvissuti lasciarono il monastero Antonio Miele” Camminando nel buio, siamo inciampati in molti cadaveri.. si urtavano con i piedi, si faceva il giro per non passarvi addosso.. abbiamo incontrato profonde fosse di bombe, piante secolari a terra, grandi massi di pietra. Un macello completo”.

Il secondo sfollamento coattivo

Nel mese di febbraio e marzo c’è un nuovo ordine di sfollamento, vengono evacuate le zone di montagna soprattutto dopo il bombardamento di Montecassino e Cassino. Il Comando tedesco informa che i civili vengono evacuati e condotti negli stabilimenti Breda sulla via Casilina a Roma dove viene costituito un Centro di Raccolta. Dopo le operazioni di disinfestazione vengono inviati nel centro di Cesano di Roma e poi in Umbria e Toscana.

Mentre questa massa di sfollati veniva condotta nei centri di raccolta e defluiva in altre regioni in condizioni disperate, i civili che erano rimasti sulle montagna attendevano che il fronte fosse superato dagli Alleati.

Le truppe marrocchine del Corpo di Spedizione Francese si macchiano di crimini orrendi nei confronti della popolazione civile

Questo avvenne alla metà di maggio del 1944, Montecassino liberata il 18 maggio  e in quei giorni veniva spezzato lo sbarramento a ridosso dei Monti aurunci. Le truppe marocchine, una divisione speciale del Corpo di Spedizione francese, Goumier, agli ordini del generale Juin, a cui era stato affidato il compito di sfondare quel settore montano, si macchiarono di crimini orrendi nei confronti della popolazione civile. Furono soprattutto le donne, ma non solo, a subire stupri, violenze inaudite. Stupri di gruppo, uccisioni, saccheggi, violenze di ogni genere, furono stuprati donne, bambini e anche uomini. Furono migliaia le vittime, non solo nel territorio del cassinate, solo ad Esperia su 2500 abitanti, furono 700 le violenze.
Si apriva un altro capitolo doloroso nella storia di questo territorio. Questi episodi hanno lasciato una scia di sofferenze fisiche e psicologiche notevoli che si sono trascinati per anni.

Gli Alleati entrano a Roma ma inizia il terzo sfollamento verso Sud

Quando il fronte viene superato il 4 giugno1944,  gli Alleati entrano a Roma festanti mentre una fila di sfollati, mal vestiti, disperati, con l’angoscia nel cuore torna nella propria terra e trova macerie, solo macerie. E qui inizia un nuovo capitolo doloroso, perché è tutto distrutto c’è la malaria, non è possibile rimanere. Inizia un nuovo sfollamento, un esodo verso il Meridione gestito dagli Alleati. E’ il terzo amaro sfollamento coattivo.

I civili tornano nella zona di Cassino, 1945. (Foto: Federico Patellani)

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