Scienza

Al Parco Nazionale d’Abruzzo liberata un’orsa da una corda d’acciaio usata dai bracconieri

Il personale del Parco Nazione d’Abruzzo, Lazio e Molise, nel territorio del Comune di Campoli Appennino, ha catturato una femmina di orso con un laccio al collo. L’orsa è stata liberata dal laccio, curata e rilasciata.

 La squadra di cattura del Parco, composta dal veterinario, dai tecnici del servizio Scientifico e dalle Guardie del servizio di Sorveglianza, si è immediatamente attivata per la cattura, le cui operazioni si sono protratte per 6 giorni consecutivi.

La scorsa notte è stato catturato l’orso che presentava una corda d’acciaio, tipicamente usata dai bracconieri, e un’ampia ferita al collo causata dal laccio che, legato a cappio, aveva iniziato a incidere i tessuti sottostanti. 

Il Veterinario del Parco ha provveduto a liberare l’orsa dal laccio, a curare la ferita e a somministrare i farmaci necessari. Le operazioni di cattura si sono svolte senza alcun problema per l’animale. Si tratta di una femmina di orso, di oltre 10 anni e del peso di circa 80 Kg.

Il quadro rilevato dal veterinario e il trattamento effettuato (rimozione laccio, pulizia e disinfezione locale e terapia generale), hanno permesso l’emissione di una prognosi favorevole, risolvibile in 2-3 settimane, e quindi l’animale è stato rilasciato sul posto della cattura, con intensificazione del monitoraggio foto-video per valutare l’evoluzione.

Il Servizio di sorveglianza ha inviato la notizia di reato alla Procura di Cassino, competente per territorio. I cavi d’acciaio, del tipo rinvenuto sull’orsa, infatti, vengono generalmente utilizzati dai bracconieri, che li pongono lungo punti di passaggio della fauna selvatica attendendo che un animale rimanga intrappolato al collo.

 Probabilmente l’orsa, nel momento in cui era rimasta imprigionata nella trappola dei bracconieri, era riuscita a rompere l’ancoraggio del cavo d’acciaio liberandosi, mentre non è poi riuscita a sfilarsi lo stesso dal collo. Il cavo di acciaio le aveva provocato una profonda lesione che l’avrebbe certamente condotta a uno stato sempre maggiore di debilitazione e quindi a una probabile morte prematura.

Questo episodio – afferma il Presidente del Parco Antonio Carrara – è di una gravità inaudita. La pratica di apporre lacci per bracconare animali di grossa taglia è purtroppo ancora molto frequente: l’animale che vi rimane intrappolato muore di solito per soffocamento, per gravi amputazioni o per le estese e profonde ferite riportate. Se da una parte il salvataggio di questa femmina di orso bruno marsicano ci rende orgogliosi e ci spinge a lavorare ancora con maggiore tenacia per la tutela e la conservazione di questa specie gravemente minacciata proprio da cause direttamente o indirettamente legate all’uomo, dall’altra non possiamo non denunciare la necessità di azioni più incisive per prevenire e reprimere la pratica del bracconaggio che mette continuamente a rischio la sopravvivenza degli orsi”.

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