Quello che doveva essere un ‘rapimento lampo’ con immediato pagamento di un riscatto e rilascio degli ostaggi, non si e’ chiuso subito. E’ quindi iniziata una fase delicatissima che puo’ diventare pericolosa man mano che passa il tempo.
E’ una delle ipotesi all’esame di chi sta seguendo il caso dei due lavoratori italiani rapiti ieri a Ghat in Libia insieme ad un canadese.
La zona del sequestro e’ conosciuta dall’intelligence. Si tratta di un’area nella quale imperversano tribu’ tuareg e
trafficanti di ogni tipo. Non mancano infiltrazioni jihadiste.
Ma proprio quella del gruppo criminale ‘comune’ sembra per ora
la pista privilegiata per risalire agli autori del sequestro. Come l’esperienza del precedente rapimento dei quattro operai
della Bonatti in Libia insegna, tuttavia, il fatto non costituisce alcuna garanzia di una rapida risoluzione del caso.
L’Aise si e’ subito messo al lavoro con i suoi contatti locali per identificare i sequestratori e capire il tipo di richieste
che partiranno. Coinvolta naturalmente anche l’azienda Conicos che impiegava i lavoratori e che ha uffici in Libia. Il
rapimento e’ avvenuto ieri mattina, la Farnesina ha confermato in serata la notizia che era cominciata a circolare su alcuni media. Un lasso di tempo in cui sono stati fatti i massimi sforzi per risolvere velocemente il caso prima che diventasse pubblico.Ma senza risultati.
Ora l’obiettivo e’ capire con certezza chi ha in mano gli ostaggi e che tipo di contropartita vuole; quello che e’ da scongiurare e’ il passaggio di mano ad altri gruppi, di matrice jihadista, che potrebbero utilizzarli per rivendicazioni ‘politiche’ contro la presenza italiana e in Libia.
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