Italia

Trattati di Roma, pronta la dichiarazione del futuro comune europeo

 Quella che sarà firmata domani 25 marzo a Roma è una dichiarazione solenne per mandare agli europei e al mondo il messaggio che l’Ue, dopo l’uscita dei britannici, resta comunque unita, e unita guarda ai prossimi dieci anni. Con l’ambizione di affrontare e vincere le sfide del mondo globalizzato, difendendo il proprio modello (l’economia sociale di mercato) e i propri valori e principi, mentre i populismi e i nazionalismi montanti vorrebbero negarli; ma tutelando anche le sue frontiere esterne e gestendo meglio i flussi migratori; ripristinando la crescita economica e la prosperità delle sue nazioni e lottando contro la disoccupazione; restando aperta agli scambi internazionali e continuando a propugnare la risoluzione pacifica dei conflitti, il multilateralismo, proprio mentre altrove prevalgono tentazioni protezionistiche. 

Nessun capo di Stato o di governo dei
Ventisette dovrebbe far mancare la sua firma, alla cerimonia del 60esimo anniversario del Trattato di Roma, domani mattina in Campidoglio, in calce alla dichiarazione sul “futuro comune
europeo”; un testo di due pagine scarse (66 righe) che è stato pazientemente negoziato nelle scorse settimane proprio per garantire che, nonostante gli attriti, le divisioni interne e le spinte centrifughe, tutti i leader possano sottoscriverlo.

Grecia e Polonia, che fino a ieri avevano lasciato planare il dubbio di un possibile, clamoroso dissenso, oggi hanno chiarito
entrambe che non intendono arrivare alla rottura. La premier polacca, Beata Szydlo, si è detta pronta a firmare, anche se avrebbe voluto un testo “più ambizioso”, che nel suo caso non è
chiaro che cosa significhi. Il primo ministro di Atene, Alexis Tsipras, ha chiarito in una lettera agli altri leader che avrebbe voluto da parte dell’Ue una difesa dei diritti sociali in Grecia
(e soprattutto della contrattazione collettiva) che negli ultimi sette anni non c’è stata, travolta dai programmi d’austerità e dalle esigenze dei creditori.

Il presidente della Commissione, JeanClaude Juncker, gli ha risposto ricordando che già in passato, a maggio 2015, aveva dichiarato il suo “sostegno per un giusto ed efficace sistema di
contrattazione collettiva” in Grecia, e affermando che gli accordi con i creditori per il programma di salvataggio finanziario di Atene dovranno essere conclusi “nel rispetto
dell”acquis’ europeo sui diritti sociali, di cui noi siamo i guardiani”.

L’ultima bozza, che non dovrebbe più
essere modificata, contiene solo tre piccole modifiche formali rispetto al testo del 20 marzo, che aveva inserito molti cambiamenti per rispondere alla forte avversione della Polonia e
degli altri paesi dell’Est al concetto di “Europa a più velocità”; che ormai non appare più in quanto tale, come nuova
via da seguire, ma è stato ridotto a un richiamo alla formula delle “cooperazioni rafforzate”, già presente nel Trattato Ue e rispondente a realtà già operanti nella pratica.

Alla fine, su questo punto il testo è stato modificato così: “Agiremo insieme, muovendoci nella stessa direzione, con un ritmo e un’intensità diversi quando sarà necessario, come abbiamo fatto in passato, in linea con i Trattati Ue e
lasciando la porta aperta per quelli che vorranno aggiungersi più tardi. La nostra Unione – si sottolinea per fugare i timori dei paesi dell’Est – è indivisa e indivisibile”.

Sempre nella versione del 20 marzo, confermata ieri sera, è stata aggiunta nel capitolo sull’Europa sociale – anche per rispondere alle preoccupazioni greche – una parola fondamentale che mancava
prima: “disoccupazione”.

L’Unione “combatte la disoccupazione, la discriminazione, l’esclusione sociale e la povertà”, si legge nel testo. C’è,
inoltre, il richiamo al ruolo dell’Unione nel “creare crescita e lavoro”, e nel promuovere “il progresso economico e sociale, così come la coesione e la convergenza” fra le economie degli Stati
membri, “mantenendo l’integrità del mercato interno e tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo chiave dei partner sociali”. E c’è un riferimento ai giovani, che devono
“ricevere la migliore educazione e formazione” e poter “studiare e trovare lavoro in tutto il Continente”. 

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