Energia

Uno studio pubblicato su Nature Communications svela i segreti dell’acqua nel “nanomondo

Nuotare in una piscina piena di miele: ecco la sensazione che ‘prova’ una molecola di acqua ad una distanza di pochi milionesimi di millimetro da una superficie solida. Questo fenomeno, noto come nanoconfinamento, è stato per la prima volta quantificato e interpretato dal punto di vista fisico da un modello sviluppato dagli ingegneri del Politecnico di Torino in collaborazione con lo Houston Methodist Research Institute, nel Texas.

Il loro studio, pubblicato su Nature Communications,

potrà avere numerose applicazioni nel campo dell’energia sostenibile, del rilevamento degli inquinanti ma anche in quello della nanomedicina: potrà per esempio aiutare il potenziamento dei mezzi di contrasto per avere risonanze magnetiche sempre più precise.

Ci sono voluti due anni di ricerche per riuscire a svelare le sorprendenti caratteristiche dell’acqua in prossimità di superfici solide a distanze circa 10.000 volte più piccole del diametro di un capello. Il modello sviluppato dai ricercatori mette in relazione le caratteristiche geometriche, chimiche e fisiche di una qualsiasi superficie nanoconfinante (come proteine, nanotubi di carbonio e nanoparticelle ferrose) con la cosiddetta proprietà di ‘supercooling’ dell’acqua, ovvero la capacità di rimanere in uno stato simile a quello liquido anche a temperature ben inferiori a zero gradi, nel caso in cui ci si trovi in prossimità di superficie alla nanoscala.

Il modello ha già permesso di spiegare l’aumento di prestazioni degli agenti di contrasto per la risonanza magnetica che si basano sul nanoconfinemanto dell’acqua, in fase di sviluppo presso lo Houston Methodist Research Institute.

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