Storia Antica e Archeologia

La Fonte Maria SS. Dell’Acqua di San Pietro Infine

Le origini della Fonte Maria SS. Dell’Acqua di San Pietro Infine non si conoscono con certezza, si sa, però, che in epoca romana la zona era dotata di stretti cunicoli in muratura, relativi ad antichi acquedotti, atti ad incanalare le acque sorgive (1). L’acqua incanalata veniva portata ad alcune ville rustiche di epoca romana, posizionate nella fascia pedemontana compresa tra l’area cimiteriale e il limitrofo territorio di San Vittore del Lazio. Tra queste ville di particolare rilievo è quella posta in località “le Torri”, dove i resti di mura di sostruzione in opera poligonale e alcuni terrazzamenti in opera incerta ci consentono di affermare che era di epoca repubblicana (2).
La prima documentazione scritta che attesti l’esistenza della Fonte risale al luglio del 1472, quando “il Commendatario D’Aragona, movendo da Teano a Cassino, si fermò alla fontana di San Pietro Infine, dove fu accolto onorevolmente dalla popolazione e qui sostò pure per il pranzo” (3).

Nel 1886, il sindaco Antonio Decina, si impegnò in prima persona per far costruire una camera di raccolta e l’acqua venne fatta defluire, attraverso quattro bocche in ottone, in un bacino di pietra locale monolitica, tuttora esistente (4). Un’antica leggenda narra che venne rinvenuta in un’area compresa tra la Fonte e la chiesa Maria SS. D’Acqua, una statuetta lignea rappresentante la Madonna dell’Acqua (5). Tale statuetta, datata al XIV sec. fu collocata nella chiesetta omonima sita nelle vicinanze, ma fu poi rubata, purtroppo, nel 1970 e da allora niente più se ne è saputo. (6).

La Fonte, data la particolare posizione planimetrica, cioè defilata ai cannoneggiamenti anglo-americani, venne risparmiata dalla sua distruzione bellica, a differenza del paese che fu raso al suolo.
Alla fine degli anni ’80, l’acqua sorgiva venne captata e convogliata nell’acquedotto, all’epoca in costruzione, della Campania Occidentale. Attualmente l’acqua viene convogliata, mediante tubazioni, dalla località Cerrete, nel serbatoio della Fonte.
La struttura architettonica della Fonte Maria SS. Dell’Acqua può essere schematizzata in due parti.

La prima, quella accessibile ai fruitori dell’acqua, è chiamata “il portico” ed è formata da quattro pilastri realizzati con blocchi squadrati in pietra calcarea locale. Due lati del portico, quello nord e quello est, sono chiusi da muri. Il lato est da un muro di contenimento del terreno, l’altro, quello a nord, separa il portico dalla camera-serbatoio.
La copertura del portico è formata da una “volta a bacino”, una sorta di calotta su pianta ellittica, costituita cioè da una cupola molto ribassata, a forma di piatto rovesciato, poggiante su pennacchi (7).
Prima dei lavori del 2002 la parte estradossata della copertura del portico era piana, formata da un solaio in ferro e laterizio (8). Gli archi sono del tipo a tutto sesto ma hanno un leggero ribasso, dovuto forse più a imprecisione esecutiva che di progetto. Essi sono formati da conci di pietra calcarea grossolanamente sbozzati. Tra gli archi e i pilastri trovano collocazione dei capitelli, di forma quadrata, con semplici modanature.
La parete frontale interna del portico presenta una successione verticale di elementi, quali: Lo stemma del paese, rappresentato dalla tiara pontificia su due chiavi incrociate e siglato S. P. I. (San Pietro Infine), una piccola nicchietta dove trovava collocazione fino a qualche anno fa, un dipinto su lamina metallica della Madonna dell’Acqua (9), più in basso e proprio sotto la soglia della nicchietta vi è una lapide in pietra calcarea, incastonata nella parete, con incisa la scritta “AVE MARIA / FONS AQUAE VITAE ETERNAE / 1886” (Salve o Maria, Fonte dell’acqua di vita eterna, 1886).

Chiude la sequenza verticale la vasca di raccolta in pietra calcarea monolitica, che fino a qualche anno fa fungeva anche da abbeveratoio per gli animali.
Un secondo ambiente si trova compreso tra la parte posteriore del portico e la scarpata di terra, chiamata “Le ripe re’ la Funtana”. Tale ambiente funge da servizio per la Fontana stessa, contiene, infatti, un serbatoio di raccolta dell’acqua che alimenta le quattro bocche in ottone.
Accanto al portico vi è una grande lavatoio scoperto a pianta poligonale. Sul lato che delimita la strada, ora pedonale, che porta alla chiesa di Maria SS. dell’Acqua, vi è un muretto basso che funge da bordo del lavatoio e su cui sono collocate una sequenza di pietre locali in calcare, alcune delle quali recano delle scanalature, utilizzate per il lavaggio dei panni. Queste pietra bianche sono molto levigate a causa del loro continuo uso.
Il lavaggio dei panni aveva una serie di regole codificate nel tempo. Si rispettavano dei veri e propri turni: era d’obbligo che l’insaponatura dei panni avvenisse nella parte più a valle del lavatoio, mentre il risciacquo doveva avvenire nella parte più a monte, in modo tale da utilizzare acqua pulita.
Nell’area circostante la Fontana vi sono cinque secolari platani, di questi, tre delimitano la strada che fiancheggia il lavatoio, mentre gli altri e due (10) seguono il percorso dei mulini, e la loro altezza viene superata dal viadotto dalla diramazione della S.S. n°6, anche chiamata Variante Annunziata Lunga, realizzata alla fine degli anni ’50.
I secolari platani offrono una magnifica frescura negli assolati e afosi giorni estivi.
La Fontana era un luogo di ritrovo e di socializzazione per molti sampietresi (11).

L’acqua della fonte, bene prezioso, era sfruttata al massimo. Era in primis utilizzata per usi domestici e igienici e per abbeverare gli animali, infatti anticamente la tappa alla fontana era d’obbligo, sia per i contadini che per i pastori, per far abbeverare i propri animali. L’acqua veniva poi sfruttata per il lavatoio (12), poi si incanalava in una prima vasca di raccolta, il cosiddetto “vascone”, anche detto “la ‘otta”, cioè la botte, che alimentava un contenitore più piccolo detto “la utticella”, cioè il bottino o botticella. L’acqua cadendo con forza dal bottino, faceva girare le pale della ruota che, attraverso degli ingranaggi, metteva in movimento le pesanti macine del primo mulino. L’acqua in uscita dal primo mulino veniva poi incanalata in una seconda vasca di raccolta posta più a valle, che serviva ad attivare gli ingranaggi di un secondo mulino. Dopo aver assolto al compito di produzione di energia per far girare le macine dei mulini, l’acqua poteva finalmente servire per irrigare i terreni coltivati. E, comunque, per irrigare i campi l’acqua poteva essere incanalata anche direttamente dalla Fonte o dalla vasca del lavatoio. Tuttora sono ancora funzionanti “le purtelle” anche dette “le chiuselle”, cioè delle piccole porte metalliche che regolano l’afflusso di acqua in appositi canali di irrigazione. Oggi non più ma una volta vi era un vero e proprio regime delle acque, a cui tutti dovevano sottostare.

In conclusione di questa breve scheda descrittiva risulta interessante ricordare una leggenda paesana che narra dell’esistenza di una struttura molto più antica, forse di epoca romana, la quale aveva sempre quattro bocche, però in oro, alle cui estremità vi erano raffigurate delle teste leonine da cui usciva l’acqua, inoltre la struttura era dotata di blocchi lapidei contenenti bassorilievi di cavalli (13). La struttura fu sepolta a seguito di una frana del terreno posto a monte. Non si hanno documenti che ci consentano di verificare tale notizia, però nemmeno possiamo smentirla, visto che la natura stessa del terreno e la relativa scarpata, posta al di sopra della fonte, detta “Le ripe”, è di tipo franoso.

 

 

Note:
(1) Cfr. M. Zambardi, “Acquedotto romano viene alla luce a San Pietro Infine”, in Studi Cassinati, Anno II, n. 2, Giugno 2002, pp. 87-91.
(2) Cfr. M. Zambardi, tesi di Dottorato di Ricerca in “Metodologie conoscitive per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali” – XXIII° Ciclo – (Seconda Università di Napoli, anni 2007/10) dal titolo “Carta archeologica di un settore di territorio a confine tra la Valle del Liri e la Piana di Venafro” (Settore Scientifico: Topografia Antica. Tutor: Prof.ssa Stefania Gigli Quilici).
(3) Cfr. A. Pantani, “San Pietro Infine”, in “Bollettino Diocesano”, Montecassino, 1975.
(4) La Fonte è stata ristrutturata nel 1971e poi nel 2002.
(5) Cfr. G. Masia, “San Pietro Infine e la sua protettrice Maria SS. Dell’Acqua”, Cassino, 1964; M. Zambardi “Alcune notizie riguardanti la statuetta lignea della Madonna dell’Acqua di San Pietro Infine”, in “Chi è?”, Vol. 13°, Ass. Dea Sport Onlus Bellona (CE), Giugno 2021, pp. 175-177.
(6) Cfr. M. Zambardi, “Nell’anno 1100, l’apparizione della Madonna alla pastorella Remigarda. Leggenda comune sia a San Pietro Infine (CE) che ad Ausonia (FR). Proposta di gemellaggio religioso”, in “Chi è?”, Vol. 15°, Ass. Dea Sport Onlus Bellona (CE), Giugno 2022, pp. 140-143.
(7) La calotta è ottenuta dalla traslazione di una parabola verticale, con la concavità verso il basso, lungo una parabola perpendicolare alla prima, anch’essa rivolta verso il basso. Tale superficie viene detta paraboloide ellittico e viene appunto utilizzato per coprire ambienti rettangolari. Le sue sezioni orizzontali sono ellissi mentre quelle verticali sono parabole.
( 8 ) La notizia mi fu riferita da Domenico Di Zazzo, il muratore che, nel 1971, oltre a lavorare al recupero della struttura, rinvenne e riportò alla luce, perché interamente coperto dall’intonaco, anche lo stemma in pietra tutt’ora visibile.
(9) Attualmente nella nicchietta vi è uno stupendo pannello bronzeo raffigurante l’apparizione della Madonna alla pastorella Remigarda, opera dell’artista sampietrese Rosario Parisi.
(10) Quello più a valle è ora gravemente danneggiato.
(11) In passato alcune anziane del paese mi hanno riferito di quando, giovani fanciulle, per incontrare le amiche o per intravedere il proprio amato, svuotavano di nascosto la “cannata” d’acqua utilizzata per dissetare la propria famiglia, così da recarsi più volte alla Fonte per prelevare altra acqua fresca. A nulla importava se la salita fatta con il recipiente sulla testa era piuttosto dura se si era avuta la fortuna di incontrare l’amato o le compagne di giochi.
(12) Quando il sapone era del tipo “ecologico”, cioè realizzato con la cenere o con il potassio.
(13) Cfr. M. Zambardi, “Acquedotto romano…” op. cit.

 

 

 

 

 

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